Le interviste impossibili

Intervista impossibile a Don Abbondio



Ci troviamo nella chiesa in cui opera il curato Don Abbondio, per farci rilasciare un’intervista; ci accoglie in sacrestia. Dopo esserci salutati, cominciamo:

Intervistatore: A che età giunse la vocazione?
Don Abbondio: Ero molto giovane, mi accorsi fin da subito di vivere in una società in cui mi sentivo come un vaso di terracotta costretto a stare in compagnia di tanti vasi di ferro. Ascoltando vari consigli, presi la decisione di diventare curato. Diciamo che non ho avuto una vera e propria vocazione, ma il motivo principale è che nel ruolo di curato mi sarei sentito più protetto.

Intervistatore: Bene, passiamo a ciò che gli è accaduto la sera del giorno 7 novembre. Può ricordare gli eventi?
Don Abbondio: Mi trovavo, come mia abitudine, su una stradicciola nei pressi di Lecco. Mentre pregavo, mi accorsi che due bravi sostavano lì a pochi metri come per attender qualcuno. Capii fin da subito che l’unico che potessero aspettare fossi io. Non avendo un cuor di leone, avrei preferito tornare indietro, ma era lo stesso che dire “inseguitemi” o peggio. Dunque, non mi restò che andare incontro al pericolo ma, certo è, che non ero tranquillo.

Intervistatore: Che cosa volevano da lei questi due delinquenti?
Don Abbondio: Scoprii che erano stati mandati dal signorotto del paese, Don Rodrigo, invaghito di una ragazza prossima al matrimonio. Mi ordinarono di annullare il matrimonio, programmato per il giorno seguente, tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Pronunciarono una frase che ancora mi risuona nelle orecchie: “Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai”.

Intervistatore: Come reagì lei a tale comando?
Don Abbondio: Non potevo che ubbidire. Impaurito, dissi ai due bravi che, per il rispetto che provavo nei confronti di Don Rodrigo, non avrei celebrato il matrimonio.

Intervistatore: Perché lei, uomo di grande importanza per la società, diede ascolto a due delinquenti?
Don Abbondio: È chiaro, avevo molta paura; mi minacciarono di morte ed io non volevo rischiare. Quindi, come mio solito, decisi di schivare anche quest’ostacolo che mi avrebbe creato, sicuramente, problemi. Nella mia vita ho sempre cercato di evitare sia gli ostacoli sia i problemi. Preferisco essere egoista piuttosto che creare scompiglio nella mia vita.

Intervistatore: Come la presero i due promessi sposi?
Don Abbondio: A dir la verità non sono stato sincero con loro. Ho preferito accampare loro scuse piuttosto che raccontare come veramente erano andate le cose. La loro reazione non fu delle migliori. Riuscii a convincerli del fatto che non potevo celebrare il matrimonio, non avendo controllato che tutte le carte fossero in regola, rimandandolo di una settimana.

Intervistatore: Si tenne tutto per lei o ne parlò con qualcuno?
Don Abbondio: Inizialmente pensai di tenermi tutto per me come mi avevano ordinato i bravi, ma dopo ripetuti tentativi di convincimento da parte di Perpetua, la mia serva, decisi di confidarmi con lei, facendole giurare che non avrebbe aperto bocca con nessuno, ma probabilmente parlò con Renzo di quanto accaduto.

Intervistatore: Dopo una settimana sposò io due giovani?
Don Abbondio: No, non mi fidai di assumermi questa grande responsabilità. Renzo venne a sapere la verità sul fatto che il matrimonio non fosse rimandato per mia scarsa diligenza, ma perché fui minacciato da Don Rodrigo.

Intervistatore: Perché andò a liberare dal castello dell’Innominato Lucia, anche avendo paura?
Don Abbondio: Sono stato obbligato dal cardinale, non potevo certamente dirgli di no.

Intervistatore: Perché sposò i due giovani solo dopo essersi assicurato che Don Rodrigo fosse morto?
Don Abbondio: Perché non volevo correre nessun rischio.

Intervistatore: Bene, signor Curato, grazie per la sua disponibilità. Avremo modo di rivederci.
Don Abbondio: Arrivederci.


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